Ogni anno, l’8 settembre, Vicenza si accende di luci, profumi e ricordi: è il giorno della Festa dei Oto, una delle celebrazioni più sentite dai vicentini.
Una festa che non appartiene solo alla sfera religiosa, ma che intreccia storia, fede, tradizioni popolari e gastronomia, con un filo rosso che da secoli unisce i pellegrini, i cittadini e chiunque scelga di vivere questo momento unico.
Per comprendere il cuore della Festa dei Oto bisogna tornare indietro di secoli.
Nel 1400 Vicenza era piegata dalla peste, una malattia che decimava la popolazione e che sembrava inarrestabile. I vicentini, provati e impauriti, cercarono conforto nella fede. Fu allora che accadde qualcosa di straordinario: la Madonna apparve per ben due volte ad una donna semplice, Vincenza Pasini, sul colle di Monte Berico. Il suo messaggio fu chiaro: la pestilenza sarebbe cessata se i cittadini avessero costruito un santuario in suo onore.
Il 25 agosto 1428 la prima pietra del tempio fu posata, e da lì a poco la città ritrovò la pace. Monte Berico divenne il cuore spirituale di Vicenza e l’8 settembre – giorno che ricorda la nascita della Vergine Maria – venne consacrato come data di pellegrinaggio e di festa.
Da allora, ogni anno, migliaia di pellegrini si mettono in cammino per salire al santuario di Monte Berico. C’è chi parte da lontano, chi da piccoli paesi della provincia, chi si unisce lungo la strada. Un tempo il pellegrinaggio aveva anche una dimensione quasi goliardica: i fedeli partivano nella notte o alle primissime ore del mattino, per arrivare in tempo alla cosiddetta Messa Prima e quando ero bambina ricordo che capitava spesso che i pellegrini, passando dal mio paese, si divertissero a fare scherzi. Uno dei più frequenti era suonare i campanelli delle case ancora immerse nel sonno.
Ci svegliavano all’alba, con un misto di fastidio e divertimento, eppure era parte del gioco, un segno che la festa era iniziata davvero: questo spirito di allegria, misto a devozione, è rimasto intatto nei secoli.
Se Monte Berico rappresenta la parte religiosa della celebrazione, Campo Marzo ne custodisce quella più popolare.
Questo grande parco cittadino, da sempre punto di incontro dei vicentini, si anima l’8 settembre con giostre, bancarelle, musica e profumi di fritto e dolci.
Ed è proprio qui che nasce uno dei simboli gastronomici della festa: la fritoea del Campo Marzo.
Soffice, dorata e profumata, la fritoea è un rituale di festa e di tradizione. Per molti vicentini, “andar a magna’ la fritoea” è tanto importante quanto il pellegrinaggio: un gesto che chiude la giornata in dolcezza.
La Festa dei Oto è l’esempio perfetto di come la cultura veneta sappia fondere sacro e profano. Da una parte la processione, i rosari e la messa a Monte Berico; dall’altra i colori e i suoni di Campo Marzo, tra il profumo delle fritoea e il chiasso delle giostre.
Per chi vive Vicenza, questa giornata è molto più di una semplice ricorrenza: è un ricordo che si rinnova di anno in anno, un’occasione per ritrovarsi e per tramandare ai più giovani il valore delle tradizioni.
Ed ora vi lascio la ricetta della Fritoea, una semplicissima pasta lievitata fritta, poco dolce, ma rotolata nello zucchero ancor calda.