Nessuno di noi avrebbe mai pensato di misurarsi con una pandemia, provenendo da un paese civilizzato e ospedalizzato, fortunatamente. Eppure in questo periodo abbiamo imparato molte cose, come non dare per scontato la salute, il cibo, la presenza: ci siamo trovati ad affrontare la malattia come nei film, rifugiandoci nelle nostre case il maggior tempo possibile, imparando nuovi metodi di lavoro o inventandocene di nuovi. Abbiamo provato sulla nostra pelle quanto davamo per scontata la disponibilità di cibo: ci siamo trovati a scegliere tra quello che rimaneva sugli scaffali, non sempre abbiamo trovato quello che cercavamo o quello a cui eravamo abituati e tutti ricordermo la spasmodica ricerca del lievito di birra.
E il pane è diventato il nuovo rito di conforto e di confronto, un ancestrale modo di scaricare la tensione della reclusione impastando: persone che mai avevano preparato una pagnotta in casa hanno iniziato a podurre il lievito madre, disperati dalla mancanza di quello di birra, cercando l'alveolatura perfetta, il sapore equilibrato, il giusto grado di acidità. Mi ha fatto molto sorridere questa cosa e mi ha fatto tantissimo piacere: mi ridà speranza nelle persone, mi fa pensare che ci sarà sempre un modo o un avvenimento che prima o poi riporterà tutti sullo stesso piano, azzerandone le differenze e mantenendo viva quella semplicità e quella paura che ci porta a godere delle cose di un tempo.
Io ho impastato poco, onestamente, perchè ho sempre lavorato e più di prima: è stato un periodo di grande stanchezza e non è ancora di certo finito: ho però studiato un po' i pani regionali, mi sono informata meglio. Nella mia famiglia si è sempre cucinato molto, ma non si è mai fatto il pane: si acquistava in panificio, quando ero piccola io, e negli anni passati era spessissimo sostituito dalla polenta. In Veneto la panificazione non ha una tradizione molto forte, è sempre stata la plenta, cibo contadino per eccellenza, a prendere il suo posto nell'accompagnare le preparazioni di ogni giorno e nel riempire gli stomaci con poca spesa.
Il pane schissotto è un pane dei colli Euganei: anticamente era preparato senza l'uso di lievito e si otteneva un pane basso, croccante, resistente per giorni. Per incontrare di piu i gusti moderni, un po' di lievito viene aggiunto: c'è chi lo mette di birra, ma mi pareva di stravolgere troppo il senso di questo pane per cui ho scelto il lievito istantaneo, che non è altro che lievito per dolci non vanigliato (lo trovi come Pizzaiolo al supermercato) La presenza dello strutto ne garantisce morbidezza e durata: ci sono anche qui molte varianti ovviamente, per esempio l'uso del grasso di gallina sciolto a fuoco basso con rosmarino come fa la mia amica Marianna, poi solidificato in frigorifero e usato come un burro. La sfogliatura: ho trovato testimonianze che la prevedono, altre no, ma io trovo che gli dia una marcia in piu. La sfogliatura non è quella della pasta sfoglia, sia chiaro, è molto piu spartana, ma assicura una buona stratificazione e una morbidezza interna interessante.
Io ti passo la mia ricetta, come avevo promesso. Accompagnalo con la sopressa veneta, se ti è possibile, e magari un pezzetto di formaggio Asiago.
in una ciotola poni la farina, il lievito, lo zucchero, il sale. Mescola bene poi aggiungi gradatamente l'olio, la grappa e l'acqua. Lavora dentro alla ciotola finchè riesci a compattare un po' l'impasto poi ribalta su una spianatoia e impasta energicamente a formare una palla liscia.
Dividila in tre parti e stendi ciascuna in una sfoglia ovale, di circa 1 cm di spessore ciascuna: cospargi la prima con dei pezzetti di strutto, spalmando un po', poi sovrapponi la seconda, cospargli altro strutto e sovrapponi la terza.
Effettua tre pieghe a tre, come vedi nel video, stendendo col mattarello delicatamente ad ogni piega.
Dai infine una forma rotonda, incidi con dei tagli a losanghe e inforna a 180 gradi per 30/40 minuti, finchè si forma una bella crosta unifome e dorata.